In vista del voto di mercoledì 21 febbraio a Bruxelles, le organizzazioni appartenenti alla campagna “Impresa 2030 – Diamoci una regolata” (ActionAid Italia, Equo Garantito, Fair – Campagna Abiti Puliti, Fairtrade Italia, FOCSIV, Fondazione Finanza Etica, Human Rights International Corner, Mani Tese, Oxfam Italia, Save the Children Italia, WeWorld) chiedono ai Ministri Giorgetti e Urso di rispettare l’accordo politico tra Consiglio e Parlamento UE del 14 dicembre 2023.
L’accordo politico per il varo della Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese in materia di diritti umani e ambiente (CSDDD o CS3D) era stato raggiunto dal Consiglio UE e dal Parlamento Europeo il 14 dicembre 2023. Venerdì 9 febbraio 2024 tale accordo avrebbe dovuto essere ratificato dagli Stati Membri ma il voto è stato rinviato per permettere alla presidenza di turno belga di trovare una soluzione all’astensione dichiarata dalla Germania e a quella ventilata dall’Italia. Chiediamo al governo italiano e in particolare ai Ministri competenti, Giorgetti e Urso, di mantenere l’impegno politico già negoziato e di non perdere questa opportunità storica.
Sarebbe paradossale se il Partito Liberale Tedesco (FDP), partito di minoranza assoluta all’interno della coalizione di governo in Germania, riuscisse ad influenzare sia la posizione di Berlino che quella di Roma su una delle direttive più importanti per la realizzazione del Green Deal europeo e per lo sviluppo armonico delle potenzialità delle imprese del continente.
La direttiva CS3D garantirebbe nei fatti una maggiore uniformità e certezza del diritto, riducendo i costi della concorrenza sleale dei prodotti provenienti da fornitori extra-UE che si troverebbero, a quel punto, obbligati a adattarsi agli standard in materia di tutela dei diritti umani e dell’ambiente. Necessità di regole comuni riconosciute anche da Business Europe, la rete delle principali associazioni industriali europee, tra cui Confindustria.
Non si tratta solo di regole comuni ma anche di tutela del tessuto produttivo italiano: le PMI si trovano spesso a dover subire contratti predatori e pratiche commerciali che possono indurre violazioni dei diritti umani, dei diritti del lavoro e dell’ambiente. La direttiva si preoccupa di prevenire e gestire tali dinamiche, chiedendo alle aziende di grandi dimensioni di rivedere le clausole contrattuali più vessatorie in questo senso.
Nei giorni scorsi sui giornali italiani sono stati pubblicati una serie di articoli sulla direttiva CS3D che avevano come chiaro effetto atteso quello di minare l’ampio consenso finora espresso anche dalla Business Community sulla direttiva. Per questa ragione, come campagna “Impresa 2030 – Diamoci una regolata” abbiamo elaborato un documento di debunking dei contenuti più ricorrenti in modo da riportare il dibattito tra gli stakeholder sui binari della correttezza storica e fattuale.
Cos’è la direttiva?
Il 23 febbraio 2022 la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, volta a evitare la frammentazione e a fornire certezza giuridica alle imprese e ai cittadini. La proposta stabilisce norme sugli obblighi in materia di dovere di diligenza delle società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente sull’intera catena di valore, sulla responsabilità civile e sulla protezione delle persone che segnalano violazioni. Le autorità di controllo designate dagli Stati membri saranno incaricate di applicare la nuova direttiva. Essa sarà in linea con le norme internazionali in materia di diritti umani e protezione dell’ambiente.
In Italia si è attivata fin dal 2022 la campagna nazionale Impresa 2030 mentre a livello europeo opera la campagna Justice is Everybody’s business che ha raccolto oltre 100.000 firme.
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