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SHELL, DIRITTI UMANI E NIGERIA: UN PASSO VERSO L'IMPUNITA' DELLE IMPRESE MULTINAZIONALI

Oltre 40.000 abitanti della regione del Delta del Niger dovranno presentare ricorso alla Corte Suprema inglese per vedere riconosciuta la violazione dei loro diritti in un caso di inquinamento causato da sversamento di petrolio.


Proprio due giorni fa, la Corte di Appello ha stabilito che la filiale inglese della compagnia petrolifera anglo-olandese Shell non può essere ritenuta responsabile di quanto compiuto dalla propria controllata nigeriana. La Corte ha infatti rigettato l'appello presentato dalle comunità Ogale e Bille contro una precedente decisione che riteneva il ricorso contro la società madre inglese senza alcuna probabilità di successo, bloccando quindi anche l'azione contro la Shell nigeriana.


Entrambe le comunità lamentano un devastante inquinamento petrolifero (iniziato anni fa e tuttora in corso) a causa delle operazioni della Shell, che non contesta i danni subiti dalle comunità e riconosce che non è stato ancora organizzata e finanziata un'operazione di bonifica. Le comunità cercheranno adesso di portare il caso alla Corte Suprema inglese.


Marilyn Croser - Direttore di CORE Coalition (una coalizione inglese di ONG che si occupa di responsabilità legale d'impresa per violazione di diritti umani) - ha definito la sentenza un "regalo alle imprese multinazionali irresponsabili, perché fa passare il messaggio che le imprese possono abusare dei diritti umani e distruggere l'ambiente nella totale impunità. La coraggiosa decisione di portare la battaglia legale davanti alla Corte Suprema mette le comunità del Delta del Niger al primo posto nella lotta globale per la responsabilità legale delle imprese".


Nel novembre 2016, la compagnia ha tentato di arginare i ricorsi presentati nel Regno Unito sostenendo che la società inglese non fosse legalmente responsabile per l'inquinamento causato dalla sua controllata nigeriana, e che le comunità avrebbero dovuto cercare giustizia presso le corti nigeriane.


Le comunità affermarono invece che la società madre Shell potesse essere considerata responsabile proprio in funzione del significativo controllo esercitato da questa nella direzione della sussidiaria nigeriana. Oltre a ciò, sarebbe stato impossibile ottenere giustizia in un paese con un sistema giudiziario critico come la Nigeria, in cui casi così complessi possono necessitare anche 20 anni solo per essere istruiti.


Il caso ha quindi implicazioni importanti in materia di responsabilità delle imprese per i danni causati dalle loro attività a livello globale. La documentazione relativa al rapporto tra la società madre e le sue controllate e sussidiarie è in possesso dell'impresa, e i ricorrenti contano che i giudici ordinino la presentazione di quei documenti che possano provare l'effettiva sussistenza del controllo.

Come ha commentato infine Marilyn Croser, "questa decisione minaccia di bloccare una rotta vitale dell'accesso alla giustizia nel Regno Unito. Abbiamo bisogno di una riforma legislativa che introduca l'obbligo per le imprese di condurre una 'due diligence' dei diritti umani sulle loro operazioni, sia per prevenire le condotte abusive delle imprese nell'esercizio delle loro attività, sia per consentire che siano chiamate a risponderne quando queste si verificano".

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